giovedì 7 marzo 2013

Internet: una “Rete” a stelle e strisce



di Michele Franceschelli



La Rete rappresenta un fondamentale stadio dello sviluppo tecnico-scientifico raggiunto dall’umanità. Sono noti i fattori positivi e le straordinarie opportunità che offre Internet, soprattutto in termini di comunicazione ed informazione; sociologi, imprenditori e tecnici hanno spesso l’occasione di descrivere al grande pubblico lo sviluppo impetuoso di questa “giovane” tecnologia che ha già rivoluzionato – e promette di farlo in modo ancora più impetuoso in futuro – la nostra vita quotidiana.In questi giorni poi – per via dell’affermazione politica del Movimento 5 Stelle che ne ha fatto un suo cavallo di battaglia – l’argomento è tornato in primo piano, in particolare per quanto riguarda i benefici che il Web apporterebbe in termini di trasparenza, partecipazione e correzione delle lacune del sistema democratico. Partendo da quest’ultime valutazioni si possono richiamare all’attenzione alcuni aspetti della Rete meno dibattuti e legati al più ampio contesto delle conflittuali relazioni economiche e politiche internazionali entro il quale Internet ha preso e sta prendendo forma.   Considerando astrattamente la Rete come neutra, l’effettiva capacità del Web di sanare certi deficit democratici appare comunque problematica, poiché i rapporti di forza e le contraddizioni del mondo non scompaiono nella Rete, ma vi si trasportano creando una nuova arena di conflitti virtuale ma non per questo meno reale. Sul piano concreto la situazione si presenta ancora più complessa perché la Rete non è neutra. In Italia per esempio, già in partenza un paese a sovranità limitata dagli Stati Uniti, il Web è strutturato e dominato dagli stessi USA; quindi quella neutralità della Rete che potrebbe garantire libertà, trasparenza e democrazia è solo teorica e nella pratica, per quanto se ne riesca a fare un uso intelligente e spregiudicato, è limitata e condizionata da chi ne ha il controllo effettivo.   La Rete ha infatti assunto una configurazione “USAcentrica”, unipolare, in cui le compagnie statunitensi del Web – direttamente o indirettamente collegate alla NSA, alla CIA e al Pentagono – la fanno da padrone; questo è un dato di fatto di primaria importanza quando si parla di Internet; se si sottace, e si parla astrattamente di una Rete neutra di per sé luogo di libertà e democrazia, lo si fa per superficialità o malafede.   Gli USA – che l’hanno inventata – hanno sempre considerato la Rete un settore di loro esclusiva competenza, ritenuta cruciale non solo per la tenuta e lo sviluppo della propria economia che si fonda sempre di più sulle net company di cui intendono conservare il predominio mondiale, ma anche perché considerano l’egemonia sul Web un elemento di carattere strategico – che affonda nell’origine militare di Internet ai tempi della Guerra Fredda – indispensabile per la sicurezza nazionale e per l’inscindibilità con la multidimensionale guerra dell’informazione(information warfare), dalla PSYOP – guerra di operazioni psicologiche – alla IBW – la guerra basata sulle informazioni – fino alla più nota hacker war.Sfruttando il loro vantaggio iniziale, gli USA continuano a dominare la Rete a livello planetario: dalla gestione di molti root nameserver all’influenza sull’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) al monopolio sui contenuti del Web attraverso le più grandi aziende di Internet, alle industrie dei software ed hardware necessari per navigare.   La configurazione “USAcentrica” della Rete è talmente cristallizzata che è ormai diventato automatico per un italiano medio fare una ricerca sul Web usando il motore di ricerca “Google”, della compagnia statunitense Google Inc, oppure “Bing”, della Microsoft Corporation o “Yahoo!” dell’omonima azienda a stelle e strisce; per la posta elettronica di nuovo “Yahoo!”, “Gmail” di Google, “Hotmail” di Microsoft; per le comunicazioni “Windows Live Messenger” e “Skype” della Microsoft; i social network con “Facebook”, “Google+”, “Twitter”, “Meetup”; i video si caricano e scaricano da “Youtube” sempre di Google Inc.; i software, dai computer ai cellulari collegati in Rete, con “Windows”, “IOS” e “Android” ancora di Microsoft, Apple e Google; e l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo.Tutte queste grandi aziende statunitensi che dominano il Web – in Italia come in Europa – utilizzano la loro posizione dominante per innumerevoli fini, da quelli economico/commerciali a quelli – sempre in sinergia con il governo USA – di soft power, di sicurezza, di spionaggio, di attacco (vedi il virus Stuxnet) e più in generale di strategia nella guerra dell’informazione. Tutta l’incredibile mole di informazioni (Big data) che passa sul Web viene raccolta in grandi server (data center) dislocati negli USA per essere elaborata ed utilizzata conformemente ai propri interessi. Questa incredibile posizione dominante aumenterà ancora con l’accelerazione della tecnologia del cloud computing gestita dalle stesse aziende.   Questo dominio è contrastato da alcune potenze in ascesa come la Russia e la Cina, nazioni politicamente sovrane che hanno compreso come il controllo della Rete – dalle infrastrutture ai contenuti- sia strategico.In particolare la Repubblica Popolare Cinese ha messo in campo tutta una serie di accorgimenti per contrastare il predominio in Rete degli USA; il fatto più evidente, insieme al Grande Firewall, è stata la creazione di net company autoctone che sono in grado di sostituirsi efficacemente a quelle statunitensi nella fornitura dei contenuti Web, garantendo servizi altrettanto se non più validi: dal motore di ricerca Baidu, ai social network QZone e Renren, a Youku per i video, solo per fare qualche esempio. Queste grandi aziende danno anche la possibilità di allevare “cervelli” locali facendo crescere la propensione allo studio scientifico e tecnico nei giovani cinesi e permettono di investire in R&S, stando al passo con le sempre più veloci innovazioni del settore e mantenere il know how per fronteggiare la guerra dell’informazione. Pertanto in Cina la Rete, in un sapiente equilibrio di apertura e chiusura, ha connotazioni prevalentemente nazionali, riflesso di una volontà politica tesa a difendere il progresso, l’autonomia e la stabilità del paese.   La Cina si è mossa anche da un punto di vista diplomatico: le recenti determinazioni della conferenza di Dubaidello scorso dicembre, sotto l’impulso dei paesi emergenti guidati dalla Repubblica Popolare e dalla Russia, vedono il tentativo di porre sotto un controllo intergovernativo una Rete che, dietro la copertura di parole d’ordine come “libertà” e “democrazia”, è plasmata ed eterodiretta dagli interessi delle grandi aziende USA in stretta relazione con il governo di Washington. Questa ideologia dell’ “internet libero”, sostenuta dalle campagne governative statunitensi e da quelle delle net company dominanti, è molto simile a quella del “libero mercato”, ma ha scavalcato quest’ultima come risorsa ideologica più efficace per la tutela degli interessi USA.   Per quanto riguarda l’Italia e l’Europa – che pur avrebbero le potenzialità per uno sviluppo autonomo – l’egemonia statunitense di Internet è supinamente accettata e si palesa in maniera schiacciante e non è altro che il riflesso di una subordinazione politico-militare a Washington. Si è ormai da decenni – e per restare in Italia, almeno fin dai tempi della distruzione della Olivetti – imboccata la strada di delegare la strategica dimensione dell’informatica e della Rete agli “alleati” statunitensi. Non bastano centinaia di geni informatici e “smanettoni” autoctoni o qualche software open source per giocare da protagonisti in Internet e ribaltare la situazione fino a rendere il Web “libero” dall’egemonia statunitense: per questa sfida serve un’azione di stampo cinese su scala nazionale ed europea, serve una lotta per la sovranità politica continentale dagli USA.   Se il Web è diventato uno strumento imprescindibile e straordinario della vita moderna delle nazioni sviluppate in tutti i suoi aspetti – economico, sociale e politico, di cui godiamo le opportunità e pregustiamo gli sviluppi futuri – questo non significa dimenticare che l’Internet che stiamo passivamente sperimentando in casa nostra è dominato dagli USA – mentre la Rete si muove sempre più in direzione “multipolare” – e farne l’apologia acritica significa diventare complici delle strategie del potere nordatlantico contro noi stessi e le nazioni emergenti. 


Michele Franceschelli

Sul tema vedi anche:

Articolo originariamente pubblicato sul giornale on-line 'Stato e Potenza'