Detlef Wetzel, presidente della tedesca Industriegewerkschaft Metall, (IG Metall), la federazione sindacale che rappresenta i lavoratori del settore metallurgico, in particolare automobilstico e che rappresenta 2.266.000 lavoratori – la più grande e rappresentativa delle otto federazioni sindacali tedesche affiliate alla Deutscher Gewerkschaftsbund (DGB) – ha recentemente dichiarato alla stampa, in un’intervista concessa alla Frankfurter Rundschau (1) che i negoziati sull’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti (TTIP/TAFTA) dovrebbero essere arrestati immediatamente. Wetzel ha detto che i negoziati pongono un sacco di rischi per i consumatori e per i lavoratori e ha descritto l’accordo come “pericoloso”. “I contenuti del negoziato” ha detto, “vengono condotti dietro le quinte da un piccolo gruppo di persone. Per questo motivo vogliamo che l’opinione pubblica sia coinvolta su questo tema. La discussione non trova al momento spazio né tra i partiti politici, né tra i sindacati o i datori di lavoro. Riteniamo poi che l’accordo sia pericoloso: non ha un’utilità evidente e potrebbe causare un sacco di danni”.
Wetzel non dà credito alle cifre ottimistiche di crescita divulgate della Commissione Europea per sostenere l’utilità dell’accordo, e rileva come nessuno dei precedenti trattati di libero scambio siano stati in grado di essere all’altezza delle ottimistiche previsioni rilasciate all’inizio. I dati presentati dalla Fondazione Bertellsmann sono di “pura speculazione e inoltre, se anche le previsioni fossero corrette, l’aumento sarebbe ridicolmente basso. Si tratterebbe di un tasso di crescita composto dello 0,5% in dieci anni, lo 0,05% all’anno. Le proiezioni sono estremamente incerte e gli effetti previsti sono di dimensioni microscopiche – soprattutto perché essi verrebbero acquistati ad un prezzo elevato”.“Abbiamo infatti l’impressione”, continua Wetzel “che l’obiettivo dei negoziati sia premeditato. Cioè far di tutto per semplificare le procedure e ridurre gli standard dei prodotti, proprio al fine di ridurre i costi per le imprese (…) Si tratta solo di abbassare i meccanismi di protezione per i consumatori e per i lavoratori (…) La liberalizzazione è sempre accompagnata dall’intensificazione della concorrenza. La competizione diventa più dura, in questo caso la concorrenza tra l’Europa e gli Stati Uniti, dove i diritti dei lavoratori sono molto più deboli e i sindacati sono sotto attacco massiccio da parte dei politici. E poi c’è anche l’importante questione se, per esempio, le norme tedesche di co-determinazione andranno ad essere attaccate all’interno di una zona di libero scambio”.
IG Metall è anche fortemente contraria alla risoluzione delle controversie investitore-Stato (ISDS), un “meccanismo che mina la democrazia e la sovranità” e che è sempre sul tavolo delle negoziazioni.
In conclusione Wetzel esprime forte preoccupazione e chiede un immediato stop ai negoziati; così facendo dà voce ad un crescendo di critica da parte dell’opinione pubblica tedesca e dei lavoratori all’accordo transatlantico.
Anche in Francia i malumori per i negoziati in corso sul TTIP/TAFTA stanno crescendo (2).
In Italia invece, un dibattito critico è purtroppo pressoché inesistente; praticamente tutte le maggiori forze politiche e sindacali o tacciono o sono allineate e conniventi con il governo atlantista Napolitano-Renzi nello sponsorizzare le “magnifiche” proprietà taumaturgiche di crescita ed occupazione dell’accordo (3), abboccando e rilanciando le cifre propagandistiche reclamizzate dalla Commissione e dalla Fondazione Bertellsmann…
Eppure in ballo ci sono le condizioni e i diritti dei lavoratori e dei cittadini, ma anche una scelta geoeconomica netta e divaricante, un’opzione atlantista ed iperliberista che vincola e castra il futuro dell’Europa e dell’Italia per i decenni a venire (4) e che richiederebbe pertanto, quanto prima, la costituzione di un’opposizione dura, plateale ed intransigente da parte delle forze ancora sane e consapevoli dell’interesse della nazione italiana e del continente europeo.


Michele Franceschelli
Articolo originariamente pubblicato sul giornale on-line 'Stato e Potenza'